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13 Marzo 2019

Il mio primo shooting: aspettative vs realtà

La prima volta che ho pensato di fare un mio shooting fotografico me la ricordo benissimo. È stato un autentico disastro, eppure mi è servito tantissimo!
Venivo dal mondo della comunicazione e del marketing, avrei dovuto sapere tutto (o molto) su come gestire un servizio fotografico, eppure farlo per se rispetto che farlo per un cliente è tutta un’altra faccenda.

L’idea poteva anche esserci, ma quello che mancava era la visione. Che scopo aveva quello shooting? Cosa volevo raccontare di funzionale per me?

Dopo quello shooting ho imparato a fare meglio una lista della spesa ragionata e anche un documento di briefing con indicativamente le scene, momento dopo momento, che non possono mancare, oltre che a coordinare l’ordine di scatto. Gli shooting successivi sono sempre stati fantastici, per fortuna e per competenza delle persone coinvolte!

L’altro giorno ho letto il post di una wedding planner che con molta fierezza diceva che lei non faceva shooting e tutto ciò che pubblicava era suo e reale. Sulla proprietà non ho niente da dire, ma gli shooting invece secondo me servono. Io sono in una fase in cui ne faccio in modo molto oculato, perché richiedono molte energie e impegno, quindi tendo a farne non più di uno all’anno, finora è un appuntamento che non ho mai mancato. Ecco 3 cose che trovo sempre utili di un inspiration shooting:

  • Lavorare con nuova squadra di lavoro. Gli shooting per me sono un buon modo per testare fornitori che mi piacciono a cui giro attorno da un po’: mi piace vederli all’opera, capire la loro disponibilità, come si relazionano con gli altri partner e come gestiscono le tempistiche e le problematiche di un progetto. In qualche modo, trovo che gli shooting siano utili come progetto pilota per dare novità e maggiore sicurezza anche agli sposi.
  • Allenare la creatività. Il mio lavoro è quello di costruire matrimoni a misura degli sposi, dei loro sogni e dei loro desideri. Le proposte che sottopongo sono in linea con il loro mood, anche se ovviamente è difficile che possa proporre qualcosa che per me è completamente dissonante. Non mi piacciono le cose pacchaine né kitch, non fanno parte della mia cultura e del mio modus operandi. Ogni volta che pubblico un matrimonio faccio in modo che racconti il gusto degli sposi ma che sia adatto ad attrarre sposi interessanti per me. In uno shooting alleno anche la mia creatività senza il filtro del gusto degli sposi, confrontandomi direttamente con i fornitori e facendo a tutti gli effetti la designer e la regista. Questo mi aiuta a tenermi allenata nella costruzione di un progetto che soddisfi me e i partner coinvolti.
  • Provare a raccontare qualcosa di diverso. Scelgo di fare uno shooting per raccontare un matrimonio che vorrei fare, uno stile che vorrei sperimentare anche nella realtà, una location insolita o da reinterpretare con occhi diversi. Anche per azzardare qualcosa di nuovo e vedere se funziona. È molto più difficile e rischioso fare tutto questo con un vero matrimonio, perché la posta in palio è decisamente più alta e parte del mio lavoro è garantire agli sposi un risultato all’altezza delle loro aspettative.

E tu cosa ne pensi degli shooting? Li trovi utili oppure un contenuto poco interessante? Cosa ti piace e cosa no di uno shooting?

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Elisabetta Bilei

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